lunedì 16 settembre 2013

Il mio allattamento - parte seconda

Quando Agnese compì nove mesi, terminò anche il mio congedo lavorativo, avevo usufruito di tutta la maternità facoltativa e decisi di tornare al lavoro. Avevo un contratto a tempo indeterminato, il lavoro mi piaceva e il mio stipendio era un’entrata rilevante per il bilancio famigliare. Eppure più si avvicinava il giorno in cui sarei dovuta rientrare in ufficio e più mi trovavo a gestire uno stato d’ansia vero e proprio. La mia bambina fino a quel momento era stata accudita da me, si nutriva ancora molto del mio latte, non ci eravamo mai separate per più di un’ora, si addormentava sempre poppando al seno e proprio in quel periodo sembrava molto più attenta ad avermi sempre a “portata di vista”, d’altra parte cosa sono nove mesi di vita? Altrettanti ne aveva passati a stretto contatto con me durante la gravidanza, da poco aveva iniziato a mangiare qualcosa di diverso dal mio latte, era ancora così piccola e così bisognosa dei suoi pochi e importantissimi punti di riferimento, ma nove mesi sono abbastanza per lo stato italiano per imporre un allattamento ad orario, per imporre una separazione dalla madre di un’intera giornata, per pretendere dal bambino un’autonomia del tutto simile a quella di un bambino di tre anni che inizia la scuola materna, e intendo l’autonomia dal bisogno di avere la mamma vicina, l’autonomia di soddisfare il bisogno di nutrimento, consolazione e contatto con qualcosa di diverso dal seno materno ricevuto fino al giorno prima, l’autonomia dal bisogno di ritrovare ogni giorno un ambiente famigliare e il più possibile vicino alle proprie esigenze, l’autonomia dai propri ritmi a favore di orari e ritmi imposti e tutto a questo a soli nove mesi di vita nel caso di Agnese, molto prima per tanti altri bambini.
Mi organizzai con una baby sitter per facilitare il più possibile mia figlia, pensavo che avere una persona completamente dedicata a lei, avrebbe reso meno stressante il distacco, l’impegno economico era maggiore rispetto al nido, ma io stessa ero più tranquilla, non potevo appoggiarmi ai nonni in quel periodo (cosa che avrei preferito) e almeno Agnese avrebbe avuto un minimo di continuità sia per quanto riguarda l’ambiente (casa nostra) sia nel rapporto esclusivo con chi si sarebbe preso cura di lei. Iniziai a produrre delle scorte di latte di materno che congelavo, anche se ben presto scoprì che Agnese non prendeva in mia assenza ne il biberon, ne il bicchiere con il mio latte, mangiava il cibo preparato dalla baby sitter e poi appena rientravo dal lavoro faceva il pieno di latte di mamma per parecchie volte fino al mattino successivo, era incredibile, era come se tenesse duro in mia assenza per poi rifarsi quando tornavo, la mia produzione di latte infatti non è assolutamente calata. Al lavoro, come spesso succede, non ritrovai la situazione che avevo lasciato prima dell’astensione per la gravidanza, il mio ruolo era stato molto ridimensionato e l’atmosfera non era quella che ricordavo. Prima di diventare mamma, il mio impegno nel lavoro è sempre stato molto e responsabile, non mi sono mai sottratta a incarichi e ad orari scomodi, ma  la mia situazione era completamente cambiata,  a casa mi aspettava mia figlia, che aveva bisogno di me molto più del mio datore di lavoro. Non ho atteso molto per richiedere all’ufficio del personale la possibilità di avere un part time, anche temporaneo, che però mi è stato negato senza troppi preamboli. Nel giro di tre giorni, in accordo con mio marito, ho dato le dimissioni e sono tornata ad occuparmi della mia bambina a tempo pieno con grande soddisfazione. Dopo un mese dal mio licenziamento ero già in attesa del mio secondo bambino, è stata una grande sorpresa, allattavo ancora molto Agnese, non era assolutamente una gravidanza programmata, ma ne siamo stati tutti felici da subito, io personalmente ero davvero emozionata, la gravidanza di Agnese l’avevo vissuta con molte paure, ma proprio la mia bambina in quel momento mi dava speranza e mi permetteva di trascorrere più serenamente la dolce attesa.
Agnese aveva diciassette mesi e prima di scoprire la nuova gravidanza avevo già deciso che l’avrei allattata fino a quando lei stessa non avesse deciso di svezzarsi completamente, avevo letto molto sull’allattamento e sapevo che non sarebbe stato di ostacolo alla mia gravidanza, volevo fidarmi del mio corpo, delle mie sensazioni e procedere con ottimismo giorno per giorno. Discussi la mia decisione anche con il  ginecologo, che una volta accertato il buon proseguimento della gravidanza, mi disse che l’allattamento era compatibile con il mio stato interessante fino al quarto mese, poi avrei dovuto gradualmente sospenderlo per evitare le contrazioni dovute alla suzione. Risposi al dottore che mi ero informata e che sapevo che le contrazioni dovute alla suzione si presentavano generalmente dopo il parto, prima erano praticamente assenti e di solito nemmeno avvertite dal corpo della donna, ma il mio ginecologo mi disse che man mano che l’utero cresceva aumentava anche il rischio di avere contrazioni durante l’allattamento. Decisi allora di proseguire l’allattamento fino a quando non avessi chiaramente avvertito fastidio durante la poppata e il medico semplicemente prese atto. Ho continuato ad allattare per tutta la gravidanza senza nessun problema, le uniche contrazioni che ho avvertito sono state quelle dovute a sforzi particolarmente intensi e prolungati come dopo qualche ora trascorsa in piedi a stirare, ma mai durante l’allattamento della mia bambina, anzi sedermi sul divano con lei e offrirle il seno era un modo anche per me per riposare e rilassarmi, una scusa per interrompere qualsiasi incombenza domestica, un modo piacevole per accompagnare velocemente la mia bambina nel sonno, un momento intimo che condividevo con entrambi i miei bambini, infatti spesso verso il finire della gravidanza Agnese poggiava una manina sul pancione mentre poppava e capitava che potesse chiaramente avvertire il suo fratellino fare ginnastica .  Non ho mai temuto infine che l’allattamento potesse togliere del nutrimento al bimbo che portavo in grembo, fisicamente mi sentivo bene, certo i primi tre mesi come per la precedente gravidanza sono stati particolarmente faticosi e caratterizzati da quei fastidi fisiologici che possono presentarsi all’inizio della gravidanza, mi sentivo molto stanca, avevo una nausea fastidiosa e sempre presente, ma nulla di particolare rispetto alla prima gravidanza. Terminato il primo trimestre sono rinata, mi sentivo piena di energie, ero felice e occuparmi di Agnese faceva letteralmente volare le mie giornate.
Quando giunse il settimo mese di gravidanza notai una drastica diminuzione del mio latte, Agnese passava infastidita spesso da un seno all’altro senza trovare soddisfazione, iniziò a chiedermi il latte vaccino, che fino a quel momento aveva sempre rifiutato, accettava di buon grado anche il biberon (mai utilizzato prima), ma continuava ad attaccarsi al seno. Spesso la sera dopo aver poppato da me, chiedeva una tazza di latte vaccino o il biberon, e si addormentava. Sapevo che poteva succedere e sapevo che molti bambini smettono definitivamente di poppare proprio in questo periodo, ma Agnese , pur poppando a vuoto, non ha mai rinunciato un solo giorno ad attaccarsi. Un mese prima della data prevista del parto, durante un controllo, mi trovarono il collo dell’utero molto accorciato e sentenziarono che avrei potuto partorire anche da un giorno all’altro e che l’allattamento avrebbe potuto influire ulteriormente sui tempi, mi dissero anche che comunque al secondo parto era una situazione abbastanza normale, quindi decisi ancora una volta di fidarmi del mio corpo e continuai ad allattare. Arrivò senza nessuna avvisaglia e senza nessun problema il giorno della data prevista per il parto, mi sottoposero in quel mese a vari controlli che confermarono solamente il buon progredire della gravidanza.
Finalmente a quaranta settimane e tre giorni dall’inizio della gravidanza ruppi le acque, in totale assenza di contrazioni, come era successo con Agnese. Ricordo che erano le dieci di sera, mi ero coricata da poco, dopo una cena a casa mia con amici, per i quali avevo cucinato e servito, ed ero a letto con la mia bambina a fianco che si era appena addormentata al seno. Lentamente e senza far rumore scesi dal letto, chiamai mio marito e gli annunciai tranquillamente che era arrivato il momento, telefonai a  mia mamma perché venisse a sostituirmi nel co-sleeping con Agnese e partì alla volta dell’ospedale. Il parto del mio secondo bambino fu bellissimo, vissuto senza paure e in piena consapevolezza, magari prima o poi ne farò un articolo. Il piccolo Paolo poté godere da subito di tutti i vantaggi del mio allattamento già avviato con la sorella, la montata lattea arrivò dopo nemmeno ventiquattro ore dal parto e soprattutto sapevo esattamente cosa fare, le posizioni per allattare un neonato non avevano segreti per me questa volta, Paolo fece la sua prima poppata poco dopo la nascita e da quel momento ebbe sempre il seno a disposizione, mi stupì io stessa di come tutto mi venisse naturale, tutte le insicurezze che avevo vissuto con la mia prima bambina, non c’erano più, tutto ero talmente spontaneo e quasi automatico che io stessa beneficiavo di una serenità e tranquillità che non ricordavo, e la ripresa dal parto fu probabilmente grazie a questo stato d’animo veloce e senza disagi. Firmai per uscire dall’ospedale a quarantotto ore dal parto, mi sentivo bene, Paolo era uno splendore, il suo calo fisiologico quasi assente e ci dimisero prima del tempo senza problemi, non vedevo l’ora di riabbracciare Agnese! A casa la mia bambina mi attendeva trepidante dopo quel primo vero distacco di due giorni, appena mi vide volle subito poppare, proprio quando anche il fratellino si stava svegliando dal suo primo viaggetto in automobile, e così avviai il mio allattamento in tandem, avevo fantasticato molto su questo momento, mi ero documentata per bene, ma nel momento in cui Agnese e Paolo popparono insieme per la prima volta mi resi conto che mi veniva naturale, come se l’avessi sempre fatto.
Allattare in tandem due fratelli di età diversa è stata una bellissima esperienza, ho potuto contemporaneamente nutrire e crescere il mio piccolo appena nato e permettere alla mia prima bambina di abituarsi al fratellino in modo “soft”, senza imporle distacchi prematuri, permettendole di assecondare i suoi tempi e di godere ancora di tutti i benefici dell’allattamento, a quel tempo Agnese aveva da poco compiuto i due anni. Il mio latte bastava per tutti e due, avevo avuto qualche dubbio all’inizio, ma dovetti ricredermi molto presto, il mio corpo produceva latte in base alla richiesta, Paolo cresceva a vista d’occhio, Agnese era tornata ad alimentarsi soprattutto con il mio latte, anche se dopo un mese circa dal parto ha ricominciato a mangiare come prima, io non ho mai accusato enorme stanchezza o debolezza, cercavo di curare bene la mia alimentazione e  riuscivo a riposare meglio rispetto al periodo in cui Agnese aveva pochi mesi, o forse ero ormai semplicemente già abituata ai risvegli notturni.

Ho continuato ad allattare assieme i miei bambini per due anni e mezzo, dopo di ché Agnese ha smesso di chiedere il seno, è stato un cambiamento molto graduale, quasi non me sono accorta, chi allatta bambini grandicelli sa di cosa parlo: iniziano a “dimenticarsi” di poppare per una giornata, poi per due, fino a quando passa un’intera settimana senza chiedere il seno, poi arriva il giorno in cui magari vogliono riprovare ma non si ricordano più come si fa, e allora ti dicono che il latte è andato via o che loro ormai sono diventati grandi , così è stato per la mia bambina, e quando è successo aveva quattro anni e mezzo. Paolo invece è ancora molto legato alle sue poppate giornaliere ma ha due anni e mezzo ,… c’è tempo ancora! 

Nessun commento:

Posta un commento