domenica 28 aprile 2013

Dormi bambino dormi...



Quando tornai a casa con la mia primogenita appena nata ero davvero esausta, il parto mi aveva lasciata senza forze (un parto naturale e senza complicazioni ma vissuto con poca preparazione e tanta paura), avevo davvero tanto bisogno di riposare, non vedevo l’ora di farmi un bel sonno ristoratore di almeno otto ore! Ma con il passare dei giorni mi resi conto che i nuovi ritmi imposti dalla mia bambina non erano molto in sintonia con i miei, non riuscivo proprio a capire perché si svegliasse puntualmente ogni tre ore, sapevo che i bambini molto piccoli mangiano anche durante la notte, ma in cuor mio avevo sempre sperato che Agnese fosse come quei “numerosi” bambini che dormono tutta la notte dal primo giorno di vita extrauterina. Avevo deciso di allattare la bimba a richiesta, del resto la pediatra stessa me lo aveva raccomandato, quindi la notte al richiamo della piccola accorrevo per allattarla, e lei effettivamente poppava moltissimo fino a crollare di nuovo in un sonno profondo e beato. Avevo sistemato la culletta accanto al lettone, ovviamente al risveglio della bambina dovevo comunque alzarmi a sedere, allattare la piccola e poi senza svegliarla risistemarla nella culla, ricordo che dopo due operazioni di questo tipo a distanza di due, tre ore l’una dall'altra, io ero così sveglia e nervosa che non mi riaddormentavo più. Nel giro di tre settimane ero così esaurita e nevrotica che anche mio marito aveva iniziato a preoccuparsi: durante la giornata infatti io ero da sola, mio marito partiva la mattina presto e rientrava dopo le diciotto, facevo quello che potevo per accudire al meglio la piccola, cercavo di riposare quando anche lei dormiva durante il giorno, ma la notte stava diventando un incubo, poi subentrarono le coliche e fu la fine… La mia fortuna fu quella di prendere una decisione prima di perdere completamente lucidità e determinazione, mio marito mi aiutò moltissimo anche decidendo di parlare con una consulente dell’allattamento e facendosi consigliare alcune letture utilissime e la situazione piano piano migliorò.
Decisi di assecondare la bambina nel suo bisogno di nutrirsi e di contatto ma di assecondare contemporaneamente anche me stessa, quindi il primo cambiamento fu quello di tenere Agnese accanto a me durante la notte, questo accorgimento banale se volete, mi permise di riposare molto meglio, continuavo ad allattare a richiesta infatti ma non dovevo più alzarmi e spesso mentre allattavo rimanevo in una sorta di dormiveglia che mi consentiva poi di riprendere a dormire in fretta. Decisi di non aspettarmi più una notte di sonno intera, mi accorsi infatti che alimentando questa speranza vivevo in una angosciante attesa, Agnese continuava a svegliarsi, verso i sei mesi anche molto più spesso dei mesi precedenti, quando finalmente capì che era del tutto normale e mi rassegnai ai nuovi ritmi, riuscì anche ad accettarli e a viverli molto meglio.
A volte l’informazione può essere un aiuto importantissimo: quando finalmente mi decisi a leggere qualcosa sulla fisiologia del bambino, mi si aprì un mondo sconosciuto e soprattutto ottenni risposte a molte domande, mi rilassai, presi fiducia e imparai anche ad ascoltare di più quello che l’istinto mi suggeriva (senza più rimanere frastornata dai mille e contrastanti consigli ricevuti ).
I risvegli nel neonato e nel bambino piccolo sono veramente normali e fisiologici, durante i primi tre anni di vita il bambino matura anche nel modo di riposare, avvicinandosi poco alla volta al sonno di una persona adulta, spesso molti genitori si chiedono come “insegnare a dormire “ al proprio bambino, ma in realtà il dormire come il mangiare sono bisogni innati nell'uomo, non c’è proprio nulla da insegnare, senza dormire e senza mangiare moriremmo, il bambino se lasciato libero sa perfettamente quanto riposare e quanto mangiare, a noi genitori rimane semplicemente il compito di “aiutarlo”  a soddisfare al meglio questi bisogni primari, offrendo il seno o il biberon a richiesta, non negando il contatto (bisogno primario almeno quanto il mangiare), e soprattutto assecondandolo per quanto possibile nei suoi ritmi, un neonato compie già sforzi incredibili per adattarsi alla nuova vita fuori dall'utero materno, il suo piccolo corpo cresce ad un ritmo incalzante che richiede un grande dispendio di energie e pasti ravvicinati, dal punto di vista neurologico poi nei primi due anni si compie un vero proprio prodigio già avviato durante i nove mesi di gestazione. Dobbiamo assolutamente tenere conto di tutto questo, so che la stanchezza per una neo mamma può arrivare a limiti pericolosi, ma trovo più ragionevole chiedere ad un altro adulto aiuto pratico piuttosto che chiedere ad un neonato già impegnato a sopravvivere e crescere al meglio ulteriori sforzi e ulteriore stress, con la mia prima bambina ho capito che è necessario chiedere aiuto  durante i primi mesi dopo il parto, aiuto vero, come farsi preparare un pasto caldo ogni tanto, farsi aiutare nel pulire casa, trovare la lavatrice avviata e un po’ di biancheria stirata può cambiare la giornata ad una mamma provata. A volte l’aiuto che viene offerto più spesso è quello di occuparsi per qualche ora del neonato per lasciare che la mamma “si riposi”, ma almeno per quanto mi riguarda non è questo ciò di cui avevo bisogno, la mia bambina poppava spesso e istintivamente desideravo nei primi mesi non allontanarmi da lei, tra l’altro se mi capitava di restare da sola venivo presa dal delirio di normalità e cercavo subito di riprendere le redini della casa, di fare tutto quello che non riuscivo a fare assieme alla piccola, altro che riposare!
Non credo che esistano metodi infallibili per riposare meglio dopo l’arrivo del nostro bambino o metodi per indurre il bambino a dormire di più, credo invece che ogni famiglia sia in grado di trovare con il tempo un proprio equilibrio, cercando di porre sempre e comunque in primo piano i bisogni primari di ogni componente del nucleo famigliare, se mi impongo di sopportare il pianto di mio figlio per mezz’ora o un’ora perché credo che in questo modo lui si abituerà a non chiamarmi più per dormire, non sto rispettando né mio figlio né me stessa.
Infine bocciati i metodi (spesso venduti come soluzioni miracolose e veloci ai vari problemi del sonno dei bambini), ribadisco invece il valore prezioso e utile dell’informazione scientifica e responsabile, conoscere il motivo dei risvegli notturni dei nostri bambini, le dinamiche del sonno infantile, l’importanza delle poppate notturne, le ripercussioni di un pianto disperato e prolungato, il motivo per il quale il bambino cerca il contatto con la mamma per dormire, il vantaggio e la sicurezza del co-sleeping , possono ridarci serenità, ricaricarci di ottimismo e di positività e aiutarci nell'individuare la strada giusta da percorrere.
A questo proposito vi rimando a tre libri che personalmente mi hanno dato la possibilità di compiere scelte consapevoli, di trovare soluzioni in sintonia con i bisogni della mia bambina e di attingere a informazioni indispensabili:

“ Besame Mucho” di Carlos Gonzales, già citato in questo blog
“Genitori di giorno e … di notte” di William Sears
“ E se poi prende il vizio? – Pregiudizi culturali e bisogni irrinunciabili dei nostri bambini” di Alessandra Bortolotti

Il mio secondo bambino non ha mai dormito in una culla, nemmeno durante le due notti trascorse all'ospedale dopo il parto, avevo a disposizione un letto con sponde e ho potuto riposare molto bene in tutta sicurezza con il mio bambino accoccolato sul seno, ricordo che le ostetriche si sono meravigliate perché a differenza degli altri neonati il mio Paolino non piangeva mai…. 

lunedì 15 aprile 2013

Le "strase"





Ricordo che quando avevo circa quattro anni mia mamma ebbe un’idea davvero geniale per far divertire me e mia sorella: un giorno riempì un grande cesto di vimini di suoi abiti ormai datati, di vecchie tende e vecchie lenzuola e ce lo mise a disposizione. Vi assicuro che quel cesto fu per anni uno dei passatempi più gettonati, mia sorella ed io passavamo ore a travestirci abbinando vestiti e pezzi di stoffa nei modi più svariati e immaginando di essere i personaggi più disparati, un giorno eravamo in pieno medioevo alle prese con cavalieri e damigelle e storie di salvataggi o di attacchi al castello, il giorno dopo magari si giocava semplicemente a “mamma casetta” e allora l’abbigliamento di mamma serviva per darci quell'aria da “adulte” che cercavamo di copiare da nostra madre, capitava inoltre che spesso venissero a trovarci due nostri cuginetti che avevano la nostra età e neppure loro potevano resistere al fascino del cesto delle “strase” (in dialetto veneto strase significa stracci e in casa nostra  il nostro gioco preferito veniva chiamato confidenzialmente così), in quattro era ancora più bello travestirsi, mia sorella ed io aiutavamo i nostri cugini a indossare mantelli e armature improvvisati e poi la nostra camera o il nostro giardino (si giocava spesso anche all'aperto) non esistevano più, c’erano solo castelli, principi, principesse e boschi incantati.

 Le “strase” sono legate anche ad un episodio molto particolare e non piacevole, probabilmente alcuni di voi si ricorderanno del disastro di Cernobyl, quando esplose la centrale nucleare e una nube radioattiva si alzò in cielo contaminando terreni, vegetazione e purtroppo uomini, donne e bambini, era l’aprile del 1986 io avevo dieci anni e in quei giorni, tornata da scuola, giocavo spessissimo con mia sorella in giardino, complice la bella stagione, e con noi c’era ovviamente il nostro cesto di vimini.
La nube radioattiva portata dai venti attraversò per mesi l’Europa e anche in Italia per un po’ ci fu il divieto di consumare prodotti freschi come verdura, latte, frutta, e mia mamma preoccupatissima per la nostra salute non solo mandò al macero gli abiti che avevamo usato nei giorni in cui si presumeva fosse passata la nube dalle nostre parti, non solo ci nutrì per settimane con latte condensato, verdura surgelata, legumi e tutto ciò che era sicura fosse stato prodotto prima del disastro di Cernobyl, ma …. fece sparire il cesto delle strase. Avevo già dieci anni, ma vi assicuro che non fu per niente facile accettare di separarmi dal gioco che mi aveva accompagnata lietamente per anni. Certo avrei potuto chiedere a mia mamma di procurarmene un altro, probabilmente lo feci anche, ma quegli “stracci”, quegli abiti ormai stinti da lavaggi di anni (mia mamma ogni tanto metteva in lavatrice tutto il contenuto del cesto) erano ormai diventati insostituibili.

Mia figlia Agnese ora ha quattro anni e ho già cominciato a riempire “lo scatolone dei vestiti”, ogni volta che mi dedico al “cambio degli armadi stagionale” mi capita sempre di trovare qualcosa da aggiungere allo scatolone, e lei ne è contentissima. Le piacerebbe coinvolgere anche il fratellino più piccolo di due anni, che tutto sommato si presta qualche volta a farsi vestire da principe o da lupo o da drago, ma probabilmente è ancora un po’ presto per lui, Agnese mi dice che non interpreta i ruoli a dovere, ma c’è tempo e lo scatolone intanto si arricchisce di nuove “strase” pronte per aiutare la fantasia a volare verso mondi sempre nuovi e meravigliosi.

martedì 9 aprile 2013

La torta Monnalisa




Chissà se qualcuno di voi si ricorda del famoso manuale di nonna papera… era un manuale di cucina simpatico e ricco di ricette da preparare per adulti e bambini, credo che non venga ristampato da anni e mi dispiace moltissimo, l’unica copia che mia mamma possedeva probabilmente è stata persa durante il loro ultimo trasloco. Da questo manuale ho tratto la ricetta per la prima torta in assoluto che ho preparato, la torta Monnalisa, si tratta di una ricetta semplice ma da grande soddisfazione perché lievita molto ed è veramente buona. E’ talmente semplice e veloce che la preparo quasi settimanalmente ai miei bambini, va benissimo infatti per la colazione, per una merenda e poi farcita con crema pasticcera o con la confettura fa la sua figura anche come dessert o come torta di compleanno.


Ingredienti:

farina bianca 350 gr
zucchero 250 gr (ma potete abbassare anche a 200 gr se la volete meno dolce)
uova 2
limone biologico 1 (ma potete usare anche una fialetta di aroma al limone)
latte 1 bicchiere
olio di semi 1 bicchiere
lievito per dolci 1 bustina
sale 1 pizzico



Preriscaldate il forno con modalità non ventilata a 180 gradi.

Innanzitutto si separano i tuorli dagli albumi (questi ultimi vanno conservati e montati a neve più tardi) , in una ciotola capiente lavorate quindi i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere un composto spumoso. Aggiungete quindi al composto l’olio e un po’ per volta la farina , sempre mescolando bene, aggiungete ora il latte, il succo e la scorza grattugiata di un limone (o la fiala di aroma al limone), il sale, il lievito e lavorate bene il composto, io uso le fruste elettriche e mi risparmio tempo e fatica. Sempre con la frusta elettrica montate a neve gli albumi e aggiungeteli al composto amalgamandoli con un cucchiaio sempre dal basso verso l’alto per non smontare gli albumi.
Imburrate e infarinate uno stampo per torte a cerniera e versateci il composto.
Infornate quindi la torta e lasciate cuocere per circa 45 minuti. Un po’ prima dello scadere del tempo previsto per la cottura controllate, affondando uno stuzzicadente nella torta, che sia cotta (se ritirate lo stuzzicadente pulito, significa che la torta è pronta).

Lasciate raffreddare la torta e poi servitela cosparsa di zucchero a velo, o se preferite ricavate dalla torta due o tre strati e farcitela con crema pasticcera o marmellata.


Lo sculaccione



La mia generazione fa ancora molta fatica a liberarsi dal mito dello “sculaccione al momento giusto” e più in generale dalla convinzione che la punizione corporale sia necessaria ai fini di una buona educazione. Il motivo è semplice, le generazioni passate ne hanno fatto un largo uso, e siamo tutti portati inconsapevolmente a ripercorrere i metodi educativi dei nostri genitori, loro sono stati i nostri modelli di riferimento, i nostri esempi, loro ci hanno insegnato cosa si doveva fare per vivere e sopravvivere. Fortunatamente la società si evolve, magari più lentamente di quanto vorremmo, ma i segnali di un progresso e della conquista di maggiore consapevolezza ci sono. Sono convinta che la punizione corporale (sculaccione, schiaffo, strattone, tirata di capelli, ecc..) non ha nulla di educativo e che non esista motivo che lo giustifichi a nessuna età e in nessun caso. Mi è capitato spesso di vedere sentimenti di compassione e di indignazione innanzi alla scena di un padrone che punisce un cane  perché magari era scappato o aveva abbaiato senza motivo, (oggi tra l’altro nei centri di addestramento per cani la punizione corporale non è assolutamente presa in considerazione, piuttosto si procede con il rinforzo positivo) ma se al parco giochi un genitore assesta uno sculaccione al proprio bambino perché non si comporta a dovere non dico che raccolga sempre un applauso, ma la cosa passa spesso nell'indifferenza generale. Ho cominciato quindi a chiedermi se è davvero possibile che i nostri bambini siano meno degni di rispetto di un cucciolo d’animale. Eppure la punizione corporale è violenza, è inutile girarci intorno, nel momento in cui colpisco il corpo di un bambino con l’intento di procurargli dolore o anche solo paura è violenza. Le incomprensioni, i litigi, i dissapori fanno parte delle relazioni umane, anche tra moglie e marito, tra partner, è difficile essere sempre e comunque d’accordo, è invece normale che a volte si crei un clima di tensione e che la rabbia si faccia sentire, ma non per questo è scontato che “si arrivi alle mani”; se mio marito mi picchiasse in un momento di rabbia potrei denunciarlo, ma un bambino? Cosa può fare un bambino piccolo quando viene picchiato? E perché il corpo di un adulto deve essere rispettato più del corpo di un bambino? Nessun adulto accetterebbe senza provare frustrazione, rabbia, senso di impotenza e di ingiustizia,  di essere costretto a fare qualcosa sotto la minaccia di una punizione corporale, eppure pretendiamo questa mutua accettazione da parte dei nostri figli: “ se non fai come ti dico, vedrai quante ne prendi!”, quante volte abbiamo sentito questa frase? Provate a minacciare così un adulto e vedrete la reazione! Purtroppo dobbiamo ricordarcelo (perché troppo spesso ce lo dimentichiamo): un bambino è una persona e in quanto persona ha per lo meno gli stessi diritti di un adulto. La punizione corporale come metodo educativo è quanto di più incoerente ci sia, un genitore generalmente si prodiga nell'insegnare al proprio figlio che “ le mani addosso non si mettono”, credo che sia capitato ad ogni genitore di intervenire in qualche disputa tra bambini in cui si rischiava di veder volare qualche “manata” o qualche spintone, eppure spesso quello stesso genitore si permette di correggere il proprio figlio a suon di scapaccioni, che messaggio credete possa recepire il bambino in questo modo? Il bambino impara soprattutto dall'esempio, se il genitore per primo usa le mani per risolvere i conflitti (sia con i figli sia con gli adulti) il bambino sarà inevitabilmente portato ad applicare lo stesso sistema, con la violenza si insegna solo ad essere violenti. E’ possibile che nell'immediato qualche effetto si ottenga con la punizione corporale o con la minaccia della punizione, il bambino sa perfettamente di essere più debole del genitore e probabilmente per pura paura (e non necessariamente perché ha capito il motivo che ha fatto scattare la punizione) si comporterà come desiderate, ma quando sarà abbastanza grande e forte da imporre anche fisicamente la propria volontà non è assicurato che non usi lo stesso sistema per ottenere quello che vuole con voi o con le altre persone, oppure al contrario potrebbe sviluppare una mancanza di fiducia  nel prossimo assieme ad un senso di impotenza tali da diventare la classica vittima della prepotenza altrui. La punizione corporale infatti passa solamente un messaggio in modo chiaro al bambino: l’unica legge che vale è legge del più forte, è questo l’insegnamento che vogliamo davvero lasciare ai nostri figli?
In alcuni paesi europei lo sculaccione assieme a qualsiasi altra punizione corporale è proibita per  legge, in Italia si è perseguibili per legge per “abuso di mezzi correttivi” quando ormai il bambino è finito all'ospedale magari, e le statistiche in questo senso non sono certo consolanti, c’è molto da fare ancora per tutelare al meglio il nostro futuro, i nostri figli, loro sono quanto di più prezioso abbiamo, sono la promessa di una società migliore, libera da violenza e prevaricazione, perché ogni bambino viene al mondo con unico bisogno ed un unico desiderio: essere amato e amare, siamo noi adulti che purtroppo violando sistematicamente l’integrità del bambino, negandogli il rispetto dovuto, non riconoscendo la sua autenticità ne facciamo con il tempo un altro adulto incapace di trovare soluzioni alternative alla violenza.

Per approfondire : http://www.nontogliermiilsorriso.org/drupal/articoli/botte-fin-di-bene-non-esistono#.UWQmx6KzJsM

mercoledì 3 aprile 2013

La pizza!


Ogni settimana mi dedico con i miei bambini alla preparazione della pizza fatta in casa, ormai siamo diventati talmente pratici ad impastare e a stendere la pasta che ci capita di rado di mangiare la pizza fuori , anzi gli amici si auto invitano per venire a mangiare la nostra! Inoltre ho sperimentato tipi di farine diversi, con risultati sempre migliori, attualmente utilizzo della farina bianca non raffinata e della farina integrale, in parti uguali… oltre a dare all'impasto un sapore unico e buonissimo fa anche molto bene!

Eccovi intanto gli ingredienti:
  •  250 gr di farina per pane, o farina di frumento tipo 0 (meglio ancora tipo 1)
  • 250 gr farina integrale o di kamut (buonissima)

(potete sempre utilizzare solo farina bianca comunque, se non vi piace quella integrale, o mettere un terzo di integrale e due terzi di farina bianca)
  • lievito di birra fresco (io lo preferisco a quello secco) un cubetto (circa 25 gr)
  • olio evo
  • sale


  • Formaggi a piacere (mozzarella, asiago, caciotta morbida, morlacco, ecc.. basta che abbiano una pasta abbastanza morbida da fondere un po’ con il calore)


  • Passata di pomodoro


E poi lasciatevi guidare dalla fantasia, io utilizzo quello che di volta in volta trovo in frigo o le verdure che la stagione propone per guarnire la pizza (fette di pomodoro fresco, funghi, prosciutto, olive, capperi, peperonata, spinaci, ecc. ) in base a quello che trovo ne preparo tre teglie con diversi gusti e ingredienti!

Preparazione:

per prima cosa sciogliete il lievito di birra in una tazza (circa 300 ml) di acqua tiepida (non deve essere calda perché si rischia di vanificare l’effetto lievitante del lievito), assieme ad un cucchiaino di zucchero.
Mettete la farina (o di due tipi di farina) in una terrina ampia e aggiungete alla farina una presa di sale (a seconda di quanto salata volete la pasta, dosate il sale a vostro piacimento), quindi un cucchiaio grande di olio evo, e l’acqua in cui avete sciolto il lievito e lo zucchero. Girate con una forchetta l’impasto fino a quando  non riuscite a lavorarlo comodamente con la mani. Se vedete che l’impasto risulta troppo secco aggiungete un altro po’ di acqua tiepida (o del latte fresco se preferite) oppure viceversa se l’impasto dovesse risultare troppo bagnato aggiungete dell’altra farina. Lavorate a lungo l’impasto con la mani (almeno per sette, otto minuti) fino ad ottenere una palla di pasta liscia e compatta.

 In questa fase mi faccio aiutare molto dai bimbi che manipolano la pasta con grande piacere e divertimento!

La pasta a questo punto va riposta nella terrina e coperta, io per accelerare i tempi di lievitazione metto la pasta in contenitore con chiusura ermetica. Bisogna quindi attendere almeno un’ora perché  la pasta raddoppi il suo volume, in ogni caso più tempo la lasciate lievitare meglio è. (io preferisco mettere a lievitare la pasta subito dopo pranzo per utilizzarla la sera)

Una volta atteso che la pasta sia lievitata si può passare alla lavorazione: l’impasto così ottenuto basta per infornare tre teglie da forno (tirando la pasta sottile, altrimenti se la gradite più spessa ne vengono fuori due).
Prendete un terzo dell’impasto e stendetelo per bene con un mattarello, quindi ponete l’impasto steso sulla teglia da forno ricoperta prima con carta da forno.
 Il forno deve essere preriscaldato a 240° in modalità ventilato (se ne avete la possibilità).

Prima di infornare farcite la pizza con la passata di pomodoro a piacere e un filo d’olio, se gradite mettete anche un po’ di origano essiccato o fresco.
 Infornate quindi per una diecina di minuti. Quando il sotto dell’impasto risulterà cotto (controllate  alzandolo un po’ con una forchetta, dovrà aver preso un colore appena dorato), tirate fuori la teglia e passate a guarnire la pizza con il formaggio e tutti gli ingredienti freschi che volete (tirate fuori la fantasia e fate scegliere anche ai bambini!), rimette la pizza in forno fino a quando il formaggio non si sarà fuso (ci vorranno altri 5, 7 minuti). E la pizza fatta in casa è pronta!.

Con l’impasto per la pizza potete preparare tantissimi piatti: torte salate, focacce, mini pizzette per un antipasto o per creare un’alternativa golosa alla pizza per i bambini, involtini con prosciutto e formaggio (squisiti), ecc.. !