La nascita della mia prima
bambina diede inizio anche al mio allattamento, oltre che all’incredibile
avventura di essere madre. Durante la gravidanza avevo seguito un corso pre
parto in cui avevo appreso qualcosa sull’allattamento naturale, avevo imparato
che il latte materno dal punto di vista nutrizionale era il meglio che potevo
offrire a mia figlia, avevo sentito parlare di allattamento a richiesta, di
eventuali problemi legati alla scarsa produzione di latte o all’errato modo di
attaccare il bambino, ma la mia conoscenza sull’argomento si fermava a questo,
del resto mia madre non aveva allattato nessuno dei suoi tre figli e tutto
sommato eravamo cresciuti tutti bene senza particolari problemi, tutto sommato
quello che mi importava davvero era stringere tra le braccia mia figlia, latte
materno o biberon di latte artificiale al tempo non era una questione che
ritenevo davvero importante. Mia sorella aveva già una bambina di due anni che
aveva allattato per tredici mesi, ricordo benissimo che quando decise di
smettere di allattarla (non senza molti sensi di colpa) le dissi che aveva
atteso anche troppo, un anno di allattamento mi sembrava un’eternità. Poi
nacque Agnese e nacque anche la madre. Durante i tre giorni di degenza
all’ospedale non capivo perché le ostetriche e la puericultrice insistessero
tanto perché attaccasi mia figlia al seno, io ero davvero provata, volevo solo
riposare, mia figlia era sempre accanto a me e se piangeva dovevo occuparmene
io, anche se avevo le flebo attaccate (i miei valori di ferro erano scesi
moltissimo dopo il parto), cercavo di fare quello che avevo visto fare a mia
mamma con mio fratello minore, lunghe camminate in casa con il bimbo urlante in
braccio, ma dopo un parto non è una cosa semplice, se attaccavo la bimba al seno
dovevo avere vicino comunque la puericultrice perché non avevo la minima idea
di come dovessi fare e sembrava che non andasse mai bene, tanto che dopo vari
tentativi mi portarono dei paracapezzoli e mi attaccarono per il resto del
tempo ad un tiralatte per verificare la mia produzione… ovviamente con il
tiralatte non riuscivo a tirare nulla, qualche goccia di colostro e basta, la
bambina aveva già superato il calo fisiologico del 10% e le avevano dato
qualche ml di latte materno (il mio ospedale poteva vantare una banca del latte
per fortuna), ma ero a pezzi, mi sembrava che mi richiedessero sforzi inauditi,
che mi opprimessero con richieste assurde ed ero preoccupata per la salute di
mia figlia. Quando ci dimisero la pediatra che aveva visitato Agnese mi disse:”
signora per il momento non ha ancora avuto la montata, ma presto arriverà,
attacchi spesso la bambina al seno, anche se prende 10 ml per volta va bene se
la attacca almeno 15 volte al giorno”, 15 volte al giorno?! Tornai a casa
riflettendo su questo numero, sicuramente la dottoressa si era sbagliata.
Appena rientrata a casa probabilmente feci la prima cosa giusta da mamma: mi
concessi una doccia e poi misi a letto con la mia bambina a fianco. Riuscì a
rilassarmi finalmente, non avevo nessuno intorno, solo mio marito che mi stava
aiutando nel modo giusto ( preparandomi da mangiare e accudendomi in modo che
io potessi accudire mia figlia), in quel momento osservando la mia bambina nella
penombra realizzai che volevo allattarla a tutti i costi, anzi capì che sentivo
il bisogno profondo di allattarla, e provai ad attaccarla al seno con dolcezza.
Purtroppo vidi subito che la bimba rifiutava il seno, diedi la colpa ai
paracapezzoli utilizzati all’ospedale e mandai subito in farmacia mio marito
per acquistarne di nuovi, ma anche con quelli la bambina faticava a poppare,
eppure in ospedale il biberon che le avevano offerto se l’era letteralmente
sgolato (solo più avanti scoprì che è pericoloso offrire il biberon prima del
compimento del mese di vita, perché la suzione è diversa tecnicamente da quella
al seno, e il bambino appena nato può confondersi ), ricordo le urla di fame di
mia figlia e lo sguardo smarrito di mio marito che sembrava dirmi:” corro a
comprare il latte artificiale?” , e alla fine cedetti alla paura e lo mandai a
comprare alcune confezioni di latte riformulato. Preparai quindi il biberon con
il latte artificiale ma prima di darlo alla bambina mi venne un’idea, feci
cadere qualche goccia di latte sul mio capezzolo e riproposi il seno alla piccola,
lei avvertì subito il sapore del latte in bocca ancora prima di attaccarsi bene
al seno e come per incanto iniziò a poppare avidamente, all’inizio avvertì
fastidio perché probabilmente non aveva assunto la posizione giusta ma poi dopo
qualche minuto ebbi la netta sensazione che mia figlia stesse poppando bene e
rimase attaccata per quasi venti lunghi e meravigliosi minuti! Poi si
addormentò sazia e felice.
Da quel giorno iniziai ad
allattare Agnese a richiesta e iniziai ad informarmi. Nei mesi successivi mille
dubbi mi colsero impreparata, avevo avuto le ragadi al seno, avevo temuto di
aver perso il latte quando il seno tornò ad essere morbido e non più turgido
come dopo la montata, avevo pesato mia figlia troppe volte per la paura che non
crescesse abbastanza nutrendosi solo ed esclusivamente del mio latte, avevo
dato colpa al mio latte di essere troppo poco nutriente perché Agnese lo
richiedeva anche ogni ora, ma per fortuna non mi fermai ai dubbi e trovate le
fonti giuste ebbi anche risposte sensate e rassicuranti. Agnese cresceva molto
e bene, da parte mia avevo anche cominciato ad apprezzare il fatto di potermi
muovere con la bambina senza preoccuparmi di portare con me scalda biberon,
acqua e latte in polvere, avevo sempre tutto quello che serviva a mia figlia
per sfamarla, inoltre era tutto pronto in un secondo (il tempo di attaccarla al
seno), della temperatura giusta e perfettamente sterile (non ho mai fatto
bollire un ciuccio o una tettarella di biberon, non li ho mai usati). Il fatto
poi di non dovermi preoccupare di seguire degli orari (allattavo a richiesta)
mi toglieva da ogni ansia. Alla visita pediatrica del sesto mese di vita, la
dottoressa constatò il perfetto stato di salute di mia figlia, registrò una
crescita superiore alla media e mi annunciò che ormai la bimba era pronta per
lo “svezzamento”, mi diede due fogli A4 con le istruzioni per iniziare, le dosi
e gli ingredienti per preparare le “pappe”, il calendario con l’introduzione
dei cibi e gli orari ideali che avrei dovuto cercare di seguire e non dimenticò
di avvisarmi che non sarebbe stata una passeggiata. Ammetto che ero contenta ed
emozionata all’idea che Agnese iniziasse a mangiare qualcosa di diverso dal mio
latte, mi sembrava di essere arrivata ad una di quelle tappe fondamentali che
segnano la crescita dei nostri figli, come i primi passi, la prima parola, il
primo giorno di asilo… ma non avevo considerato una cosa fondamentale, Agnese
era davvero pronta per questo cambiamento? Quando preparai per la prima volta
quella specie di brodo vegetale con farina di riso e mezzo vasetto di
omogeneizzato di carne mi sembrava di essere una specie di chimico al lavoro,
dovevo dosare tutto, un cucchiaino di olio di semi, un altro di oliva… tot
grammi di farina, e il risultato, almeno secondo il mio gusto, era piuttosto
mediocre, per niente appetitoso, comunque sfoderai il mio miglior sorriso e
proposi il primo cucchiaino alla mia bambina che mi guardava incuriosita seduta
sul seggiolone, l’assaggio non la disgustò ma non ne volle altri. Dopo qualche
minuto iniziò a chiedermi insistentemente il seno. Anche la questione degli
orari mi aveva creato problemi, fino al giorno prima avevo allattato a
richiesta, ora secondo la pediatra, avrei dovuto allattare alla mattina,
proporre un po’ di frutta grattugiata a metà mattina, pappona a pranzo, latte
materno prima del riposino pomeridiano, poi mezzo vasetto di yogurt, pappona
della sera e latte materno prima di dormire… non riuscivo a capacitarmi del
perché di queste indicazioni, mia figlia a sei mesi chiedeva il seno ancora
svariate volte sia di giorno sia di notte e fino a quel momento non aveva
assunto nessun altro cibo, un cambiamento come quello proposto era
drammaticamente difficile, la frutta frullata non sembrava interessarla, e se
cercavo di posticipare di un pochino la poppata richiesta erano urla disperate,
istintivamente sapevo che non era questo il modo giusto di procedere. Tornai
dopo una settimana dalla pediatra per chiedere chiarimenti e lei mi rispose
stupita:” Signora, se lei preferisce seguire i ritmi della bambina e continuare
ad allattarla a richiesta va benissimo, la maggior parte della madri viene da
me con l’intento di iniziare quanto prima a diradare il più possibile le
poppate e ad iniziare con un’alimentazione diversa per poter magari lasciare il
bambino ad altre persone con più facilità”. Avrei preferito che la pediatra non
avesse pensato anche per me, ma era stata onesta alla fine e quindi tornai a
casa rassicurata e rilassata e subito avviai quella che solo da due anni viene
chiamata “alimentazione complementare” (ed oggi è proposta al posto del vecchio
programma di svezzamento) , ossia l’introduzione graduale di cibi solidi ma non
in sostituzione del latte materno, bensì a completamento: il bambino è libero
di assaggiare altri cibi senza costrizioni o imposizioni, la mamma è comunque
tranquilla perché il latte materno fornisce al bambino il nutrimento di cui ha
bisogno fino a quando non sarà il bambino stesso a chiedere sempre più cibi
solidi e a diradare contemporaneamente le poppate. Nel caso mio e di Agnese
questo è avvenuto intorno all’ottavo mese di vita, a quel punto la mia bambina
vuotava un piattino di minestra o mordicchiava voracemente il pane, e ci
eravamo arrivate senza pianti, senza stress e soprattutto con gioia, perché la
vera conquista per me è stata quella di vedere la felicità di mia figlia nello
stare a tavola a mangiare con mamma e papà.
Nessun commento:
Posta un commento