domenica 15 settembre 2013

Il mio allattamento - parte prima



La nascita della mia prima bambina diede inizio anche al mio allattamento, oltre che all’incredibile avventura di essere madre. Durante la gravidanza avevo seguito un corso pre parto in cui avevo appreso qualcosa sull’allattamento naturale, avevo imparato che il latte materno dal punto di vista nutrizionale era il meglio che potevo offrire a mia figlia, avevo sentito parlare di allattamento a richiesta, di eventuali problemi legati alla scarsa produzione di latte o all’errato modo di attaccare il bambino, ma la mia conoscenza sull’argomento si fermava a questo, del resto mia madre non aveva allattato nessuno dei suoi tre figli e tutto sommato eravamo cresciuti tutti bene senza particolari problemi, tutto sommato quello che mi importava davvero era stringere tra le braccia mia figlia, latte materno o biberon di latte artificiale al tempo non era una questione che ritenevo davvero importante. Mia sorella aveva già una bambina di due anni che aveva allattato per tredici mesi, ricordo benissimo che quando decise di smettere di allattarla (non senza molti sensi di colpa) le dissi che aveva atteso anche troppo, un anno di allattamento mi sembrava un’eternità. Poi nacque Agnese e nacque anche la madre. Durante i tre giorni di degenza all’ospedale non capivo perché le ostetriche e la puericultrice insistessero tanto perché attaccasi mia figlia al seno, io ero davvero provata, volevo solo riposare, mia figlia era sempre accanto a me e se piangeva dovevo occuparmene io, anche se avevo le flebo attaccate (i miei valori di ferro erano scesi moltissimo dopo il parto), cercavo di fare quello che avevo visto fare a mia mamma con mio fratello minore, lunghe camminate in casa con il bimbo urlante in braccio, ma dopo un parto non è una cosa semplice, se attaccavo la bimba al seno dovevo avere vicino comunque la puericultrice perché non avevo la minima idea di come dovessi fare e sembrava che non andasse mai bene, tanto che dopo vari tentativi mi portarono dei paracapezzoli e mi attaccarono per il resto del tempo ad un tiralatte per verificare la mia produzione… ovviamente con il tiralatte non riuscivo a tirare nulla, qualche goccia di colostro e basta, la bambina aveva già superato il calo fisiologico del 10% e le avevano dato qualche ml di latte materno (il mio ospedale poteva vantare una banca del latte per fortuna), ma ero a pezzi, mi sembrava che mi richiedessero sforzi inauditi, che mi opprimessero con richieste assurde ed ero preoccupata per la salute di mia figlia. Quando ci dimisero la pediatra che aveva visitato Agnese mi disse:” signora per il momento non ha ancora avuto la montata, ma presto arriverà, attacchi spesso la bambina al seno, anche se prende 10 ml per volta va bene se la attacca almeno 15 volte al giorno”, 15 volte al giorno?! Tornai a casa riflettendo su questo numero, sicuramente la dottoressa si era sbagliata. Appena rientrata a casa probabilmente feci la prima cosa giusta da mamma: mi concessi una doccia e poi misi a letto con la mia bambina a fianco. Riuscì a rilassarmi finalmente, non avevo nessuno intorno, solo mio marito che mi stava aiutando nel modo giusto ( preparandomi da mangiare e accudendomi in modo che io potessi accudire mia figlia), in quel momento osservando la mia bambina nella penombra realizzai che volevo allattarla a tutti i costi, anzi capì che sentivo il bisogno profondo di allattarla, e provai ad attaccarla al seno con dolcezza. Purtroppo vidi subito che la bimba rifiutava il seno, diedi la colpa ai paracapezzoli utilizzati all’ospedale e mandai subito in farmacia mio marito per acquistarne di nuovi, ma anche con quelli la bambina faticava a poppare, eppure in ospedale il biberon che le avevano offerto se l’era letteralmente sgolato (solo più avanti scoprì che è pericoloso offrire il biberon prima del compimento del mese di vita, perché la suzione è diversa tecnicamente da quella al seno, e il bambino appena nato può confondersi ), ricordo le urla di fame di mia figlia e lo sguardo smarrito di mio marito che sembrava dirmi:” corro a comprare il latte artificiale?” , e alla fine cedetti alla paura e lo mandai a comprare alcune confezioni di latte riformulato. Preparai quindi il biberon con il latte artificiale ma prima di darlo alla bambina mi venne un’idea, feci cadere qualche goccia di latte sul mio capezzolo e riproposi il seno alla piccola, lei avvertì subito il sapore del latte in bocca ancora prima di attaccarsi bene al seno e come per incanto iniziò a poppare avidamente, all’inizio avvertì fastidio perché probabilmente non aveva assunto la posizione giusta ma poi dopo qualche minuto ebbi la netta sensazione che mia figlia stesse poppando bene e rimase attaccata per quasi venti lunghi e meravigliosi minuti! Poi si addormentò sazia e felice.
Da quel giorno iniziai ad allattare Agnese a richiesta e iniziai ad informarmi. Nei mesi successivi mille dubbi mi colsero impreparata, avevo avuto le ragadi al seno, avevo temuto di aver perso il latte quando il seno tornò ad essere morbido e non più turgido come dopo la montata, avevo pesato mia figlia troppe volte per la paura che non crescesse abbastanza nutrendosi solo ed esclusivamente del mio latte, avevo dato colpa al mio latte di essere troppo poco nutriente perché Agnese lo richiedeva anche ogni ora, ma per fortuna non mi fermai ai dubbi e trovate le fonti giuste ebbi anche risposte sensate e rassicuranti. Agnese cresceva molto e bene, da parte mia avevo anche cominciato ad apprezzare il fatto di potermi muovere con la bambina senza preoccuparmi di portare con me scalda biberon, acqua e latte in polvere, avevo sempre tutto quello che serviva a mia figlia per sfamarla, inoltre era tutto pronto in un secondo (il tempo di attaccarla al seno), della temperatura giusta e perfettamente sterile (non ho mai fatto bollire un ciuccio o una tettarella di biberon, non li ho mai usati). Il fatto poi di non dovermi preoccupare di seguire degli orari (allattavo a richiesta) mi toglieva da ogni ansia. Alla visita pediatrica del sesto mese di vita, la dottoressa constatò il perfetto stato di salute di mia figlia, registrò una crescita superiore alla media e mi annunciò che ormai la bimba era pronta per lo “svezzamento”, mi diede due fogli A4 con le istruzioni per iniziare, le dosi e gli ingredienti per preparare le “pappe”, il calendario con l’introduzione dei cibi e gli orari ideali che avrei dovuto cercare di seguire e non dimenticò di avvisarmi che non sarebbe stata una passeggiata. Ammetto che ero contenta ed emozionata all’idea che Agnese iniziasse a mangiare qualcosa di diverso dal mio latte, mi sembrava di essere arrivata ad una di quelle tappe fondamentali che segnano la crescita dei nostri figli, come i primi passi, la prima parola, il primo giorno di asilo… ma non avevo considerato una cosa fondamentale, Agnese era davvero pronta per questo cambiamento? Quando preparai per la prima volta quella specie di brodo vegetale con farina di riso e mezzo vasetto di omogeneizzato di carne mi sembrava di essere una specie di chimico al lavoro, dovevo dosare tutto, un cucchiaino di olio di semi, un altro di oliva… tot grammi di farina, e il risultato, almeno secondo il mio gusto, era piuttosto mediocre, per niente appetitoso, comunque sfoderai il mio miglior sorriso e proposi il primo cucchiaino alla mia bambina che mi guardava incuriosita seduta sul seggiolone, l’assaggio non la disgustò ma non ne volle altri. Dopo qualche minuto iniziò a chiedermi insistentemente il seno. Anche la questione degli orari mi aveva creato problemi, fino al giorno prima avevo allattato a richiesta, ora secondo la pediatra, avrei dovuto allattare alla mattina, proporre un po’ di frutta grattugiata a metà mattina, pappona a pranzo, latte materno prima del riposino pomeridiano, poi mezzo vasetto di yogurt, pappona della sera e latte materno prima di dormire… non riuscivo a capacitarmi del perché di queste indicazioni, mia figlia a sei mesi chiedeva il seno ancora svariate volte sia di giorno sia di notte e fino a quel momento non aveva assunto nessun altro cibo, un cambiamento come quello proposto era drammaticamente difficile, la frutta frullata non sembrava interessarla, e se cercavo di posticipare di un pochino la poppata richiesta erano urla disperate, istintivamente sapevo che non era questo il modo giusto di procedere. Tornai dopo una settimana dalla pediatra per chiedere chiarimenti e lei mi rispose stupita:” Signora, se lei preferisce seguire i ritmi della bambina e continuare ad allattarla a richiesta va benissimo, la maggior parte della madri viene da me con l’intento di iniziare quanto prima a diradare il più possibile le poppate e ad iniziare con un’alimentazione diversa per poter magari lasciare il bambino ad altre persone con più facilità”. Avrei preferito che la pediatra non avesse pensato anche per me, ma era stata onesta alla fine e quindi tornai a casa rassicurata e rilassata e subito avviai quella che solo da due anni viene chiamata “alimentazione complementare” (ed oggi è proposta al posto del vecchio programma di svezzamento) , ossia l’introduzione graduale di cibi solidi ma non in sostituzione del latte materno, bensì a completamento: il bambino è libero di assaggiare altri cibi senza costrizioni o imposizioni, la mamma è comunque tranquilla perché il latte materno fornisce al bambino il nutrimento di cui ha bisogno fino a quando non sarà il bambino stesso a chiedere sempre più cibi solidi e a diradare contemporaneamente le poppate. Nel caso mio e di Agnese questo è avvenuto intorno all’ottavo mese di vita, a quel punto la mia bambina vuotava un piattino di minestra o mordicchiava voracemente il pane, e ci eravamo arrivate senza pianti, senza stress e soprattutto con gioia, perché la vera conquista per me è stata quella di vedere la felicità di mia figlia nello stare a tavola a mangiare con mamma e papà.



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