domenica 24 marzo 2013

Il conflitto




Personalmente non ho ricordi di veri e propri conflitti nella mia famiglia d’origine, non ho mai visto i miei genitori discutere animatamente, non li ho mai visti litigare, sembravano sempre essere d’accordo su tutto, una volta soltanto li ho sentiti parlare con tono leggermente più elevato del normale (avevo probabilmente cinque o sei anni al tempo) e subito dopo mio padre è uscito a camminare da solo, era sera, e la cosa era davvero inusuale, ricordo perfettamente di essermi impressionata, pensavo che fosse successo qualcosa di grave tra di loro, ma il giorno dopo si sorridevano affettuosamente come sempre. Io e mia sorella ogni tanto bisticciavamo e ricordo che mia mamma a volte si arrabbiava, ma questi piccoli conflitti si risolvevano nel giro di pochi minuti e l’armonia tornava sovrana molto presto. Ho chiesto a mia mamma (anche lei mamma a tempo pieno per scelta durante la nostra infanzia) se ricordava delle particolari difficoltà nell’accudirci tutto il giorno, io e mia sorella abbiamo soltanto un anno di differenza e immagino che da parte sua possa esserci stata a volte della stanchezza o dei momenti in cui non si sentiva “in sintonia” con noi bambine, ma lei mi ha risposto che eravamo bambine piuttosto ubbidienti e che tutto sommato ci comportavamo bene. La situazione  non è cambiata nemmeno durante la mia adolescenza: non nego di aver messo in discussione  scelte e  atteggiamenti dei miei genitori, credo sia normale, crescendo e maturando si comincia a dare voce alle proprie idee, prendono forma le proprie convinzioni, il proprio modo di vedere la realtà e giustamente non è scontato che questo modo di percepire la realtà sia uguale a quella dei nostri genitori, però i conflitti e le discussioni in famiglia non sono aumentati, ne sono diventati più difficili da “sedare”. Ricordo che mio padre ogni tanto ci scriveva lunghe lettere per comunicarci qualcosa in merito al nostro comportamento che lo aveva deluso o preoccupato, generalmente si trattava di temi importanti come il rendimento scolastico o il modo in cui volevamo trascorrere il nostro tempo libero, queste lettere terminavano anche con una serie di condizioni per ovviare al problema sollevato. Questo modo di comunicare però aveva grossi svantaggi: negava a priori il dialogo, era infatti un tipo di comunicazione a senso unico, personalmente se non ero d’accordo con quanto mio padre mi scriveva dovevo o rispondere alla lettera con un’altra lettera o assumermi la responsabilità di avviare un dialogo in un secondo tempo, anche se non ero stata io a volere il confronto. Non metto in dubbio la buona fede di mio padre, probabilmente cercava di ricavarsi un po’ di tempo mentre lavorava per scriverci, e mio padre lavorava davvero moltissimo, ma ora sono davvero convinta che sarebbe stato meglio fare uno sforzo in più e trovare comunque il tempo per dialogare. Durante il periodo del liceo ricordo che avevo timore  di confrontarmi con i miei genitori, temevo infatti il loro giudizio e di rovinare l’armonia famigliare, mi dispiaceva molto vedere contrariati i miei i genitori ed ero convinta che a loro dispiacesse discutere su questioni, valori o convinzioni che magari davano per scontato essere condivisi anche da me. Questo mi ha portata a volte a fare le cose di nascosto e  evitare  le discussioni anche a costo di non far presente quello che realmente volevo o pensavo.

Oggi che sono mamma e moglie ho capito che i conflitti e le discussioni non sono solo normali ma sono anche importantissimi. Ci ho messo un po’ per arrivare a questa conclusione, all’inizio del mio matrimonio discutevo spesso con mio marito, abbiamo avuto bisogno di un po’ di tempo per trovare il nostro equilibrio, per capire cosa ci aspettavamo quotidianamente l’uno dall’altro e per capire che “aspettarsi qualcosa dall’altro” senza comunicarcelo era assurdo. Ognuno di noi ha fatto esperienze diverse, ha gusti diversi, ha una sensibilità diversa, è davvero pericoloso dare per scontato che gli altri possano capirci al volo e ragionare nello stesso modo nostro, eppure sia con il partner sia con i figli (piccoli e grandi) commettiamo spesso questo errore: ricordo che davo per scontato che mio marito mi aiutasse nelle incombenze domestiche, dopotutto lavoravamo entrambi lo stesso numero di ore e vivevamo nella stesa casa, ma per lui non era così ovvio, veniva da un’esperienza famigliare diversa dalla mia in cui la gestione della casa non era mai stata una responsabilità ne sua ne di suo padre, solo quando abbiamo parlato senza “incisi” e senza accuse reciproche il problema è stato risolto: ho fatto presente la mia difficoltà nel gestire casa e lavoro assieme, la mia stanchezza ed ho chiesto aiuto, i compiti alla fine sono stati equamente divisi a tavolino. Ricordo che quando la mia prima bambina è arrivata alla fase dei “terribili due anni” mi sono posta spesso il problema di come risolvere i piccoli conflitti che nascevano quotidianamente, sapevo che non potevo pretendere che lei capisse sempre perché alcune cose non mi andavano, o perché le ritenevo pericolose, dopo un ascolto attento mi rendevo conto magari che la sua logica filava eccome, anche se non era la mia logica, ma quello che mi colpiva era la convinzione e l’energia con cui mia figlia mi diceva “ io voglio!”, da un certo punto di vista ne ero affascinata, io non ricordo di aver mai puntato i piedi dicendo con tanta convinzione “io voglio”, ne da piccola ne da adulta, ho cominciato a pensare a tutte le volte che ho soffocato quel “io voglio” fino a dimenticarlo. Non è sbagliato far presente i propri desideri e la propria volontà anche se vanno contro i desideri delle persone con cui viviamo o lavoriamo o ci relazioniamo, se ne può parlare e discutere anche con passione, sbagliato è nascondere i nostri desideri o peggio i nostri bisogni per paura di essere giudicati o meglio di non essere comunque accettati e allo stesso modo è sbagliato gestire la discussione e il conflitto in modo non costruttivo e quindi giudicando, colpevolizzando o peggio arrivando a imporsi prevaricando l’altro (urla e violenza).
Vorrei che i miei figli crescendo non perdessero la fiducia che adesso ripongono in me, adesso infatti si fidano a tal puto della loro mamma (e del loro papà) che manifestano i loro pensieri e i loro desideri senza porsi nessun problema, non temono di essere giudicati, non temono di avere desideri “sbagliati”, non temono un rifiuto alla loro richiesta perché se anche ci fosse non sarebbe un rifiuto alla loro persona. Vorrei fare un esempio: uno conflitto comune in tante famiglie è quello che riguarda l’ordine,  probabilmente molti di noi hanno sentito o fatto un discorso di questo tipo :” senti, non è possibile che ogni santo giorno io debba raccogliere la tua roba sporca da terra, che debba rifarti il letto e riordinarti la stanza, non sei proprio in grado di tenere in ordine le tue cose?  Mai un volta che  ti degni di fare qualcosa senza che debba chiedertelo almeno cento volte!” Ovviamente il genitore (ma potrebbe essere anche un partner che si rivolge all’altro partner)  è molto infastidito e si rivolge al figlio giudicando la sua capacità e accusandolo per il fatto che non presta abbastanza ascolto alle sue richieste , in questo modo la prima reazione del ragazzo non sarà certo una riflessione sul fatto che il genitore ha ragionevolmente bisogno della sua collaborazione piuttosto proverà un istintivo sentimento di stizza e di rabbia che farà passare tutto il resto in secondo piano. Lo psicologo Thomas Gordon e il terapeuta Jesper Juul sono convinti che qualsiasi discussione possa essere resa più serena e proficua per entrambe le parti parlando in prima persona  e manifestando con chiarezza i propri desideri, in questo modo si evita non solo di giudicare ma anche di accusare e si ottiene generalmente almeno l’ascolto. Se nell’esempio di prima riformuliamo il discorso del genitore usando solo la prima persona l’effetto cambia moltissimo per chi ascolta: “ sono molto infastidito! Ogni giorno devo raccogliere le tue cose sparse per terra e riordinare la tua camera, ho molte altre faccende da sbrigare e sinceramente vorrei che delle tue cose te ne occupassi personalmente, per me sarebbe davvero un grosso aiuto, credi che possiamo accordarci su questo?” Anche in questo caso il genitore è infastidito (lo dice chiaramente), fa presente con chiarezza quello che lo disturba e chiede senza nessuna accusa o giudizio la collaborazione del ragazzo. Questo modo di parlare è ancora più importante quando ci rivolgiamo ai bambini più piccoli, per loro le parole hanno un peso enorme. Ancora un esempio:” io sono stanca adesso, non ho voglia di giocare in questo momento, voglio riposare un pochino e poi giocheremo assieme!” (Discorso in prima persona, chiaro e senza accuse) invece di:” adesso basta! Non mi lasci mai in pace un attimo! Devi capire che quando ti dico no è no! “ il discorso è pretenzioso e poco chiaro, il genitore non vuole ammettere con il figlio che non ha voglia di giocare con lui, preferisce attaccare verbalmente e chiudere la discussione senza fornire una vera e propria spiegazione, ma il bambino in questo caso si sentirà rifiutato senza motivo e giudicato solo per il fatto che ha chiesto alla mamma di giocare, invece nel primo esempio il bambino probabilmente sarà deluso dal fatto che deve attendere per giocare con la mamma, ma non si sentirà rifiutato né giudicato per aver chiesto. Per me capire l’importanza di esprimersi in prima persona e in modo efficace è stata una vera rivelazione, magari per molti può essere ovvio e scontato, ma personalmente ho apprezzato i miglioramenti che questo piccolo accorgimento ha portato nella mia vita quotidiana, la gestione dei piccoli grandi conflitti con i miei bambini è diventata molto più semplice, in questo modo infatti non solo ottengo molto più ascolto ma spesso le mie richieste sono accettate di buon grado. Vorrei concludere con una citazione dal libro “ Eccomi! Tu chi sei?” del terapeuta famigliare Jesper Juul, edito da Feltrinelli:
“Un conflitto nasce quando due persone vogliono due cose diverse. Siccome non succede spesso che due persone vogliano la stessa cosa nello stesso momento, raramente in una famiglia mancano i motivi di conflitto. Fortunatamente i bambini, come del resto gli adulti, sono per lo più in grado di coordinare i loro desideri e i loro bisogni con quelli degli altri. Ma questa capacità di adattamento presuppone che i nostri bisogni individuali non vengano screditati per il fatto che in questo momento sono diversi o contrari rispetto a quelli degli altri. Se criticati viene meno la capacità di collaborare con la comunità, di dire il nostro Sì senza riserve. Possiamo solo sottometterci e la sottomissione è sempre limitata nel tempo, e limitante.”







Nessun commento:

Posta un commento